Praticantato in altro Stato UE

Analizziamo la possibilità per i praticanti avvocati italiani di svolgere la pratica forense presso un avvocato stabilito in un altro Stato UE. La Cassazione riconosce la validità del tirocinio all'estero, rafforzando la mobilità e l’equiparazione tra ordinamenti giuridici europei.

Analizziamo la possibilità per i praticanti avvocati italiani di svolgere la pratica forense presso un avvocato stabilito in un altro Stato

Approfondiamo meglio...

Praticantato forense all’estero: la Cassazione apre all’Europa

Nel contesto della libera circolazione dei professionisti in Europa, la recente sentenza della Corte di Cassazione (ordinanza n. 10264/2024) introduce un importante chiarimento: è legittimo svolgere il praticantato forense presso un avvocato stabilito in uno Stato membro dell’Unione Europea, purché iscritto all’albo locale secondo le normative comunitarie.

Questa decisione rappresenta una svolta per i giovani laureati in giurisprudenza italiani che intendono ampliare il proprio percorso formativo all’estero senza perdere i requisiti per accedere all’esame di abilitazione in Italia.

Cosa dice la sentenza?

Secondo quanto chiarito dalla Corte di Cassazione, il praticantato svolto presso un avvocato stabilito – ossia un professionista abilitato in un altro Paese UE ma iscritto presso un ordine italiano o che esercita stabilmente in Italia – può essere ritenuto valido anche se svolto in uno Stato membro dell’Unione Europea, nel rispetto delle normative italiane sul tirocinio forense.

La pronuncia si inserisce nell’ambito del diritto dell’Unione Europea che tutela la libera prestazione dei servizi e la libertà di stabilimento, sanciti dagli articoli 49 e 56 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE).

Chi è l’avvocato “stabilito”?

Con il termine “avvocato stabilito” si fa riferimento a un professionista iscritto in un altro Stato dell’UE, ma che esercita legalmente in Italia ai sensi del D.Lgs. 96/2001, che recepisce la direttiva 98/5/CE. Questa figura si distingue dall’“avvocato integrato” (che ha superato l’esame italiano) e dall’“avvocato comunitario” (che esercita solo temporaneamente).

Svolgere la pratica presso un avvocato stabilito, quindi, non è una scorciatoia ma un’opportunità riconosciuta dalla legge, soprattutto per chi intende formarsi in contesti giuridici internazionali.

Implicazioni per i praticanti avvocati italiani

Questa apertura ha effetti concreti e positivi per i giovani laureati in giurisprudenza:

Più possibilità di formazione in ambienti giuridici diversi;

Valorizzazione delle esperienze estere all’interno del percorso di abilitazione italiano;

Maggiore mobilità internazionale, in linea con le direttive europee.

È fondamentale, tuttavia, che il praticantato sia certificato secondo le modalità previste dal Consiglio dell’Ordine italiano di riferimento, e che l’avvocato estero sia effettivamente stabilito e non solo operante in modo occasionale o transfrontaliero.

Il ruolo degli Ordini forensi

Gli Ordini degli Avvocati italiani saranno ora chiamati a interpretare e recepire questa apertura giurisprudenziale, valutando caso per caso la validità del tirocinio svolto all’estero. In questo contesto, una consulenza legale esperta è fondamentale, sia per chi intende iniziare il praticantato in uno Stato membro UE, sia per chi vuole farlo riconoscere in Italia.

Conclusioni: una professione sempre più europea

Questa pronuncia della Cassazione rafforza il principio secondo cui la formazione giuridica non ha più confini nazionali, ma deve adattarsi al contesto europeo in cui gli avvocati di domani saranno chiamati a operare. L’armonizzazione delle regole e il riconoscimento reciproco delle esperienze professionali contribuiscono a creare un vero spazio giuridico europeo.

Per i praticanti, ciò significa più opportunità di crescita e una formazione più ricca. Per gli studi legali, è un incentivo a costruire relazioni transfrontaliere e ad aprirsi alla collaborazione internazionale.

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