Elezione di domicilio e impugnazione

L'articolo esamina le implicazioni dell'articolo 581, comma 1-ter, c.p.p., introdotto dalla riforma Cartabia, che impone l'allegazione della dichiarazione o elezione di domicilio all'atto di impugnazione. La Corte di Cassazione ha precisato che tale obbligo non si applica agli imputati detenuti, poiché le notifiche devono essere effettuate nel luogo di detenzione.

L'articolo esamina le implicazioni dell'articolo 581, comma 1-ter, c.p.p., introdotto dalla riforma Cartabia, che impone l'allegazione della

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Impugnazione e domicilio eletto: cosa cambia con la riforma Cartabia? La Cassazione fa chiarezza per l’imputato detenuto

Con l’introduzione dell’art. 581, comma 1-ter, c.p.p., la riforma Cartabia ha reso più stringenti i requisiti formali per la presentazione dell’atto di impugnazione. In particolare, ha previsto che l’atto debba contenere, a pena di inammissibilità, la dichiarazione o elezione di domicilio per le notificazioni. Una disposizione che ha generato non poche incertezze, soprattutto in relazione ai casi di imputati detenuti.

A fare chiarezza è intervenuta la Corte di Cassazione, Sezione I penale, con la sentenza n. 13153/2025, che ha delineato i confini applicativi della norma e ha escluso l’inammissibilità dell’impugnazione qualora l’imputato sia detenuto e risulti già presente un precedente valido domicilio eletto.

Il nuovo articolo 581, comma 1-ter c.p.p.: cosa prevede

L’articolo 581, comma 1-ter, c.p.p., introdotto dalla legge n. 134/2021 nell’ambito della riforma Cartabia, dispone quanto segue:

“L’atto di impugnazione deve contenere, a pena di inammissibilità, la dichiarazione o l’elezione di domicilio ai fini delle notificazioni.”

La finalità della norma è chiara: assicurare certezza nei rapporti processuali, evitando ritardi o nullità dovute a notifiche errate o non andate a buon fine. Tuttavia, la previsione ha sollevato dubbi applicativi, soprattutto nel caso in cui l’imputato si trovi in stato di detenzione, e quindi abbia un domicilio “forzato” presso l’istituto penitenziario.

La pronuncia della Cassazione: l’elezione di domicilio non è necessaria per l’imputato detenuto

Con la sentenza n. 13153 del 2025, la Cassazione ha ritenuto non inammissibile il ricorso per cassazione presentato da un imputato detenuto, privo della formale elezione di domicilio nell’atto, in presenza di un domicilio precedentemente eletto nel corso del giudizio di merito.

Secondo i giudici di legittimità, l’assenza della nuova elezione di domicilio non può determinare l’inammissibilità dell’impugnazione quando:

l’imputato è detenuto;

esiste già una precedente elezione di domicilio valida e ancora efficace;

il luogo di detenzione è noto e documentato.

La sentenza sottolinea che, in tali casi, le notifiche devono avvenire presso il luogo di detenzione, in quanto noto all’autorità giudiziaria, e che l’assenza della dichiarazione formale non può penalizzare l’imputato, in un’ottica di effettività del diritto di difesa.

Tutela del diritto di difesa e ragionevolezza della norma

Il principio espresso dalla Cassazione è fondato sul diritto costituzionale alla difesa (art. 24 Cost.) e sull’obbligo per lo Stato di garantire l’accesso alla giustizia, anche a soggetti in condizione di svantaggio, come appunto i detenuti. Richiedere formalismi eccessivi, specie a chi si trova in carcere e ha difficoltà a comunicare con il proprio difensore, rischia di trasformarsi in una barriera all’accesso al giudizio di impugnazione.

In questo senso, la decisione si pone in linea con una giurisprudenza costituzionalmente orientata, che mira a interpretare le norme processuali in maniera compatibile con i principi del giusto processo, della proporzionalità e della ragionevolezza.

Implicazioni pratiche per avvocati e imputati

La pronuncia della Corte di Cassazione rappresenta un importante chiarimento per i professionisti del diritto. In particolare:

Per gli avvocati difensori, si rafforza la necessità di curare attentamente la forma degli atti di impugnazione, ma anche di valutare caso per caso se l’omissione dell’elezione di domicilio possa essere sanata.

Per gli imputati detenuti, viene garantita una maggiore tutela in sede di impugnazione, evitando che formalità superflue possano bloccare il percorso giudiziario.

Tuttavia, in ogni altro caso – ovvero per imputati liberi o non facilmente reperibili – l’elezione di domicilio resta imprescindibile. È quindi fondamentale agire con cautela nella redazione degli atti processuali, onde evitare l’inammissibilità automatica del ricorso.

Conclusioni: una giustizia più attenta alla realtà

La riforma Cartabia ha introdotto importanti novità sul piano dell’efficienza processuale, ma questa sentenza della Cassazione dimostra come il principio di efficienza non possa mai sacrificare i diritti fondamentali della persona, soprattutto nei casi in cui siano in gioco la libertà e la tutela giurisdizionale.

Per gli operatori del diritto, la sfida è oggi quella di bilanciare rigore formale e giustizia sostanziale, con attenzione costante alla posizione concreta dell’imputato. In quest’ottica, la pronuncia n. 13153/2025 si inserisce come un importante tassello per garantire una giustizia più equa e accessibile.

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